Il vincolo di destinazione posto dalla L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 18, e dalla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 26, comporta l’obbligo non già di trasferire la proprietà dell’area destinata a parcheggio insieme alla costruzione, ma quello di non eliminare il vincolo esistente, sicché esso crea in capo all’acquirente dell’appartamento un diritto reale d’uso sull’area e non già un diritto al trasferimento della proprietà” (tra le tante cfr Cass. n. 15509 del 14/07/2011).
Delle quattro tipologie di spazi destinati a parcheggi privati, in complessi condominiali di nuova costruzione (cfr Cass. 21003/2008) solo in un caso esiste un vincolo che consente al proprietario dell’unità abitativa di pretendere una determinata autorimessa: si tratta del caso dei parcheggi soggetti al vincolo pubblicistico d’inscindibilità con l’unità immobiliare, introdotti dalla L. n. 122 del 1989, art. 2, assoggettati ad un regime di circolazione controllata e di utilizzazione vincolata e, conseguentemente non trasferibili autonomamente. Il regime degli spazi di parcheggio applicabile alla costruzione è quello dettato con la concessione edilizia, la quale (come è stato ribadito anche dalle 2 Sezioni Unite (SU n. 25454 del 2013, in motivazione), designa la entità della costruzione assentita e la destinazione impressa e approvata del bene da edificare.
Ai condomini di un condominio nel quale siano stati rispettati i vincoli di destinazione a parcheggio spetta, qualora il costruttore venditore non ceda loro il diritto di proprietà rispettando le quote di competenza, il diritto reale d’uso indifferenziato sull’area vincolata (per una ricostruzione delle possibilità che si aprono agli aventi diritto cfr Cass. 2236/2016). Quest’ultima è peraltro da individuare sulla base della concessione edilizia.
Cassazione civile, sez. II, 26/09/2017, (ud. 11/11/2016, dep.26/09/2017), n. 22364
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