La sentenza n. 11504/2017 ha cambiato profondamente l’orientamento in tema di assegno divorzile. Già si vedono i primi effetti nelle sentenze delle corti di merito. Una delle prime domande che si sono posti i commentatori riguarda l’applicabilità dei principi delineati dalla Cassazione in sede di revisione dell’assegno divorzile.
La suprema corte sgombra il campo da qualsiasi dubbio anche sul tema della revisione dell’assegno divorzile. Infatti con la sentenza n. 15481 del 22/06/2017 della prima sezione civile la Cassazione dice chiaramente che <<la conferma dell’an, in un procedimento di revisione ex art. 9 L. 898 del 1970, come quello in questa sede esaminato, suppone comunque la esistenza del diritto ai sensi dell’art. 5, comma 6, della I. n. 898 del 1970, come sostituito dall’art. 10 della |. n. 74 del 1987; cosi che, per poter confermare la debenza (an debeatur) dell’assegno divorzile, occorre verificare, con riferimento alla domanda della sua esclusione, se sussista |a lamentata mancanza di «mezzi adeguati» o, comunque, l’impossibilità «di procurarseli per ragioni oggettive», senza condurre l’indagine giudiziale con riguardo ad un “tenore di vita analoqo a quello goduto in costanza di matrimonio”, così come affermato nel decreto in questa sede impugnato>>.
Come viene ribadito dalla Cassazione è mutato il precedente consolidato orientamento e, con la sentenza n. 15481/2017, sono stati affermati i seguenti due principi di diritto:
a) Il diritto all‘assegno di divorzio, di cui all’art. 5, comma 6, della L. n. 898 del 1970, come sostituito dall’art. 10 della I. n. 74 del 1987, è
condizionato dal suo previo riconoscimento in base ad una verifica giudiziale che si articola necessariamente in due fasi, tra loro nettamente distinte e poste in ordine progressivo dalla norma (nel senso che alla seconda può accedersi solo all’esito della prima, ove
conclusasi con il riconoscimento del diritto): una prima fase, concernente l’an debeatur, informata al principio dell’autoresponsabilità economica di ciascuno dei coniugi quali “persone singole” ed il cui oggetto è costituito esclusivamente dall’accertamento volto al riconoscimento, o meno, del diritto all’assegno divorzile fatto valere dall’ex coniuge richiedente; una seconda fase, riguardante il quantum debeatur, improntata al principio della solidarietà economica dell’ex coniuge obbligato alla prestazione dell’assegno nei confronti dell’altro quale persona economicamente più debole (artt. 2 e 23 Cost.), che investe soltanto la determinazione dell’importo dell’assegno stesso.
b) Il giudice del divorzio, richiesto dell’assegno di cui all’art. 5, comma 6, della I. n. 898 del 1970, come sostituito dall’art. 10 della I. n. 74 del 1987, nel rispetto della distinzione del relativo giudizio in due fasi: a) deve verificare, nella fase dell’an debeatur, se la domanda dell’ex coniuge richiedente soddisfa le relative condizioni di legge (mancanza di «mezzi adeguati» o comunque impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive»), non con riguardo ad un “tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio”, ma con esclusivo riferimento all’“indipendenza o autosufficienza economica” dello stesso, desunta dai principali “indici” — salvo altri, rilevanti nelle singole fattispecie — del possesso di redditi di qualsiasi specie e/o di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari (tenuto conto di tutti gli oneri “lato sensu” imposti e del costo della vita nel luogo di residenza dell’ex coniuge richiedente), della capacità e possibilità effettive di lavoro personale (in relazione alla salute, all’età, al sesso e al mercato del lavoro dipendente o autonomo), della stabile disponibilità di una casa di abitazione; ciò sulla base delle pertinenti allegazioni deduzioni e prove offerte dal richiedente medesimo, sul quale incombe il corrispondente onere probatorio, fermo il diritto all’eccezione ed alla prova contraria dell’altro ex coniuge; b) deve tener conto, nella fase del quantum debeatur, di tutti gli elementi indicati dalla norma («condizioni dei coniugi», «ragioni della decisione», «contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune», «reddito di entrambi») e valutare «tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio» al fine di determinare in concreto la misura dell’assegno divorzile, sulla base delle pertinenti allegazioni, deduzioni e prove offerte, secondo i normali canoni che disciplinano la distribuzione dell’onere della prova.
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