La Sezione Terza bis del TAR Lazio con sentenza in forma breve N. 10964/2019, ha fissato un importante principio di diritto in materia di uso dell’algoritmo informatico all’interno del procedimento amministrativo.
La sentenza si inserisce nel solco tracciato da alcune recenti pronunce del giudice amministrativo, da ultima la n. 2270/19 del Consiglio di Stato.
Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 2270/19, come già messo in luce dalla dottrina più autorevole, ha affermato in primo luogo che il meccanismo attraverso il quale si concretizza la decisione robotizzata (ovvero l’algoritmo) deve essere “conoscibile”, secondo una declinazione rafforzata del principio di trasparenza, che implica anche quello della piena conoscibilità di una regola espressa in un linguaggio differente da quello giuridico. In secondo luogo, la regola algoritmica deve essere non solo conoscibile in sé, ma anche soggetta alla piena cognizione, e al pieno sindacato, del giudice amministrativo. L’utilizzo di procedure “robotizzate” non può essere motivo di elusione dei princìpi che conformano il nostro ordinamento e che regolano lo svolgersi dell’attività amministrativa. Difatti, la regola tecnica che governa ciascun algoritmo resta pur sempre una regola amministrativa generale, costruita dall’uomo e non dalla macchina, per essere poi (solo) applicata da quest’ultima, anche se ciò avviene in via esclusiva.
Ebbene, la pronuncia del TAR, che stando alla motivazione richiamerebbe almeno un altro precedente dello stesso Giudice che però non sono riuscito a reperire, afferma che non si può demandare allo strumento informatico lo svolgimento dell’intero procedimento amministrativo. In mancanza dell’intervento dell’uomo nel procedimento amministrativo, viene a mancare secondo il TAR una vera e propria attività amministrativa. Il meccanismo informatico o matematico è infatti del tutto impersonale e orfano di capacità valutazionali delle singole fattispecie concrete, tipiche invece della tradizionale e garantistica istruttoria procedimentale che deve informare l’attività amministrativa. Un algoritmo, motiva la il TAR, quantunque, preimpostato in guisa da tener conto di posizioni personali, di titoli e punteggi, giammai può assicurare la salvaguardia delle guarentigie procedimentali che gli artt. 2, 6,7,8,9,10 della legge 7.8.1990 n. 241 hanno apprestato, tra l’altro in recepimento di un inveterato percorso giurisprudenziale e dottrinario. Ed ancora, gli istituti di partecipazione, di trasparenza e di accesso, in sintesi, di relazione del privato con i pubblici poteri non possono essere legittimamente mortificate e compresse soppiantando l’attività umana con quella impersonale. Ad essere inoltre vulnerato non è solo il canone di trasparenza e di partecipazione procedimentale, ma anche l’obbligo di motivazione delle decisioni amministrative, con il risultato di una frustrazione anche delle correlate garanzie processuali che declinano sul versante del diritto di azione e difesa in giudizio di cui all’art. 24 Cost.
E’ pertanto necessaria ed insostituibile l’intervento umano che non potrà mai essere completamente sostituito dal sistema automatizzato. Alle procedure informatiche va riservato un ruolo strumentale e meramente ausiliario in seno al procedimento amministrativo e giammai dominante o surrogatorio dell’attività dell’uomo; ostando alla deleteria prospettiva orwelliana di dismissione delle redini della funzione istruttoria e di abdicazione a quella provvedimentale, il presidio costituito dal baluardo dei valori costituzionali scolpiti negli artt. 3, 24, 97 della Costituzione oltre che all’art. 6 della Convezione europea dei diritti dell’uomo.
Di seguito la parte della motivazione della sentenza che ritengo particolarmente rilevante.
“dirimente si profila in punto di diritto l’argomento secondo cui è mancata nella fattispecie una vera e propria attività amministrativa, essendosi demandato ad un impersonale algoritmo lo svolgimento dell’intera procedura di assegnazione dei docenti alle sedi disponibili nell’organico dell’autonomia della scuola. Al riguardo ritiene la Sezione che alcuna complicatezza o ampiezza, in termini di numero di soggetti coinvolti ed ambiti territoriali interessati, di una procedura amministrativa, può legittimare la sua devoluzione ad un meccanismo informatico o matematico del tutto impersonale e orfano di capacità valutazionali delle singole fattispecie concrete, tipiche invece della tradizionale e garantistica istruttoria procedimentale che deve informare l’attività amministrativa, specie ove sfociante in atti provvedimentali incisivi di posizioni giuridiche soggettive di soggetti privati e di conseguenziali ovvie ricadute anche sugli apparati e gli assetti della pubblica amministrazione. Un algoritmo, quantunque, preimpostato in guisa da tener conto di posizioni personali, di titoli e punteggi, giammai può assicurare la salvaguardia delle guarentigie procedimentali che gli artt. 2, 6,7,8,9,10 della legge 7.8.1990 n. 241 hanno apprestato, tra l’altro in recepimento di un inveterato percorso giurisprudenziale e dottrinario. Invero, anticipando conclusioni cui a breve si perverrà seguendo l’iter argomentativo di seguito sviluppato, può sin da ora affermarsi che gli istituti di partecipazione, di trasparenza e di accesso, in sintesi, di relazione del privato con i pubblici poteri non possono essere legittimamente mortificate e compresse soppiantando l’attività umana con quella impersonale, che poi non è attività, ossia prodotto delle azioni dell’uomo, che può essere svolta in applicazione di regole o procedure informatiche o matematiche. Ad essere inoltre vulnerato non è solo il canone di trasparenza e di partecipazione procedimentale, ma anche l’obbligo di motivazione delle decisioni amministrative, con il risultato di una frustrazione anche delle correlate garanzie processuali che declinano sul versante del diritto di azione e difesa in giudizio di cui all’art. 24 Cost., diritto che risulta compromesso tutte le volte in cui l’assenza della motivazione non permette inizialmente all’interessato e successivamente, su impulso di questi, al Giudice, di percepire l’iter logico – giuridico seguito dall’amministrazione per giungere ad un determinato approdo provvedimentale. … Invero Il Collegio è del parere che le procedure informatiche, finanche ove pervengano al loro maggior grado di precisione e addirittura alla perfezione, non possano mai soppiantare, sostituendola davvero appieno, l’attività cognitiva, acquisitiva e di giudizio che solo un’istruttoria affidata ad un funzionario persona fisica è in grado di svolgere e che pertanto, al fine di assicurare l’osservanza degli istituti di partecipazione, di interlocuzione procedimentale, di acquisizione degli apporti collaborativi del privato e degli interessi coinvolti nel procedimento, deve seguitare ad essere il dominus del procedimento stesso, all’uopo dominando le stesse procedure informatiche predisposte in funzione servente e alle quali va dunque riservato tutt’oggi un ruolo strumentale e meramente ausiliario in seno al procedimento amministrativo e giammai dominante o surrogatorio dell’attività dell’uomo; ostando alla deleteria prospettiva orwelliana di dismissione delle redini della funzione istruttoria e di abdicazione a quella provvedimentale, il presidio costituito dal baluardo dei valori costituzionali scolpiti negli artt. 3, 24, 97 della Costituzione oltre che all’art. 6 della Convezione europea dei diritti dell’uomo.
Il tema dell’uso degli algoritmi e delle procedure automatizzate da parte delle pubblica amministrazione è diventato sempre più rilevante.
In un articolo del Guardian di ieri si parla dell’uso da parte di molte amministrazioni negli Stati Uniti, in Australia, in India e nel Regno Unito di strumenti automatizzati nella gestione dei servizi di assistenza destinati ai poveri. Indennità di disoccupazione, sostegni all’infanzia, sussidi per gli alloggi e gli alimenti vengono gestiti esclusivamente online ed attraverso lo strumento informatico, prescindendo del tutto dall’intervento umano. Il giudizio degli operatori umani viene quindi sostituito dal freddo, incruento processo decisionale delle macchine. I redattori del Guardian descrivono una realtà distopica, degna di un Charles Dickens 2.0, che sta sempre più prendendo forma. Fanno infatti da contraltare ai proclami dei governi sulle “magnifiche sorti e progressive” derivanti dall’uso delle tecnologie nel contrasto alla povertà, le disfunzioni ed il fallimento di tali sistemi che commettono a volte gravissimi errori. In un epoca di dominio dell’austerità nella scena politica, scrive il Guardian, <<milioni di persone hanno subito il taglio oppure il blocco dei benefici che ricevevano, a seguito di una decisione presa da programmi per elaboratore>>, che operano in modi spesso non trasparenti ed incomprensibili.
Nello stato dell’Illinois, riporta il Guardian, il governo ha richiesto il rimborso di sussidi asseritamente pagati in eccesso, relativi in alcuni casi a 30 anni fa. Questi “rimborsi zombie”, decisi sisteticamente dai programmi per elaboratore, stanno mettendo nel panico gli strati più deboli della società. Nel Regno Unito si investono miloni di sterline in un progetto di “robot assistenziali” per sostituire gli umani nella cura delle persone bisognose. In Australia, si usa l’automazione per sospendere, senza preavviso, i sussidi sociali. Ma la storia più incredibile viene dall’India dove è stato introdotto un sistema di riconoscimento biometrico per l’erogazione delle razioni di sussistenza alimentare. A causa del malfunzionamento di questo sistema, l’impronta digitale di Motka Majhi non è stata riconosciuta dalla macchina che quindi non gli ha erogato il cibo necessario ala sua sussistenza; il 22 maggio Motka Majhi è morto, secondo i suoi parenti a causa della fame.
Proprio questa setttimana Philip Alston presenterà un rapporto alle Nazioni Unite dedicato all’allarme per i diritti umani derivante dall’abuso della digitalizzazione nel campo della protezione sociale.
Le decisioni della giustizia amministrativa italiana sono a mio avviso di fondamentale importanza perchè riaffermano il primato dell’uomo e di una delle sue più sofisticate ed evolute creazioni, il diritto. Ne sentivamo il bisogno.
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