Nella tarda mattinata di martedì Facebook ha sospeso la pagina satirica che prende il nome da «Osho», in scherzoso omaggio al famoso maestro spirituale indiano. Dopo la sospensione in molti hanno iniziato a gridare alla censura. Tranquilli, nessuna censura, nessun complotto contro la libertà di satira e di espressione, si è trattato di un mero errore dell’algoritmo della piattaforma che ha probabilmente associato il nome dato alla pagina ad un noto marchio di abbigliamento. In poco tempo infatti l’allarme è rientrato e tutto è tornato al suo posto.
Questa notizia ci deve far riflettere su quanto sia delicato il tema del controllo preventivo di quello che viene pubblicato nei social. Tale controllo infatti, considerata la mole dei dati da analizzare e valutare, può essere eseguito solo utilizzando dei sistemi automatici che sono evidentemente fallibili. L’intervento umano entra in gioco solo in caso di replica e di richiesta di revisione da parte del titolare della pagina o dell’autore del contenuto oscurato.
La legge non assegna alcun obbligo di controllo preventivo sui contenuti pubblicati ma le piattaforme hanno iniziato da tempo ad analizzare l’attività degli utenti per contrastare la pubblicazione di immagini e testo contrari alle proprie condizioni d’uso. Quelle condizioni d’uso che tutti abbiamo approvato, magari senza leggere, al momento dell’attivazione del nostro profilo utente.
Il nostro ordinamento giuridico mette già a disposizione diversi strumenti di tutela. Perchè non usarli facendo girare qualche rotella, piuttosto che reclamare l’ennesimo intervento legislativo che, nella fattispecie, risulterebbe velleitario nella migliore delle ipotesi ?
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