La politica del green pass e le misure del Governo: critiche e proposte

Se si esegue un’analisi costituzionalmente orientata appare evidente che la polemica secondo cui il non vaccinato sarebbe discriminato rispetto al vaccinato appare priva di fondamento. Infatti chi tende a presentare ogni differenziazione di trattamento normativo come discriminazione giunge inevitabilmente a conclusioni errate. Per ogni approfondimento ed ulteriore considerazione sul punto vi rimando al comunicato di ieri dell’Associazione Giuristi Democratici pubblicato a questo indirizzo:

https://www.giuristidemocratici.it/Comunicati/post/20210809162345

Mi sottraggo pertanto ad una polemica che ritengo sterile, fuorviante e polarizzante ma sulla quale, purtroppo, si sono ormai sprecati fiumi di parole.

In questo breve scritto mi preme piuttosto evidenziare alcune doverose critiche alla gestione da parte del Governo di questa fase della pandemia e tenterò di proporre qualche soluzione.

L’adozione e l’uso del green pass in Italia rappresenta senza dubbio una forzatura.  

La ratio del green pass europeo, introdotto con Regolamento Europeo entrato in vigore in tutti gli stati dell’Unione il primo luglio, è quella di adottare uno strumento che consenta il riconoscimento automatico dei certificati vaccinali tra stati diversi, condividendo anche le banche dati.

Infatti certificato COVID digitale dell’UE viene accettato in tutti gli Stati membri dell’UE. Quindi, in caso di viaggio, “il titolare del certificato dovrebbe, in linea di principio, essere esonerato dalle restrizioni alla libera circolazione: gli Stati membri dovranno cioè astenersi dall’imporre ulteriori restrizioni di viaggio ai titolari di un certificato COVID digitale dell’UE, a meno che esse non siano necessarie e proporzionate per tutelare la salute pubblica”.

In tal caso, ad esempio in risposta a nuove varianti che destino preoccupazione, lo Stato membro in questione è tenuto ad informare la Commissione e tutti gli altri Stati membri e giustificare tale decisione”.

https://ec.europa.eu/info/live-work-travel-eu/coronavirus-response/safe-covid-19-vaccines-europeans/eu-digital-covid-certificate_it

La scelta adottata dal nostro legislatore porta quindi ad una chiara eterogenesi dei fini.

In realtà il primo stato membro dell’UE ad utilizzare il green pass europeo come sorta di lasciapassare per accedere a servizi o a svolgere delle attività è stata la Francia che lo ha introdotto addirittura nel mese di giugno, quando esso era necessario per assistere ad eventi sportivi, culturali o professionali con partecipazione superiore alle 1.000 persone e per una capienza massima di 5.000; a partire dal 9 luglio è stato imposto anche per i locali notturni e dal 21 luglio è diventato necessario anche per entrare in musei, cinema e teatri che accolgono più di 50 persone contemporaneamente, oltre che per accedere a strutture medico-sanitarie se si è visitatori o addetti alle consegne; dal 9 agosto il certificato è quindi diventato obbligatorio in Francia per accedere a bar e ristoranti, anche all’aperto, e per viaggiare su treni e pullman a lunga percorrenza o sugli aerei nelle rotte interne; il green pass può essere chiesto inoltre per accedere ai centri commerciali con superficie inferiore ai 20.000 metri quadrati, a discrezione delle prefetture; infine, dal 30 agosto in poi, a conclusione di una vera e propria escalation, il green pass verrà chiesto anche ai minori tra i 12 e i 17 anni.

L’esperienza francese appare per certi aspetti più coerente rispetto alla scelta fatta in Italia, dove ad esempio il green pass non viene richiesto per accedere a bar e ristoranti con tavoli all’aperto nonché per svolgere attività sportive e ricreative in piscine, palestre, sport di squadra, centri benessere che non siano al chiuso.

Evidentemente la capacità di influenza delle associazioni di esercenti, di cui si sono fatte portavoce alcune forze politiche della maggioranza ed anche dell’opposizione, è riuscita ad ottenere in Italia misure più blande a salvaguardia  delle attività commerciali nella stagione estiva.

In Italia assistiamo quindi ad un rigorismo a fasi alterne. Ad esempio occorre il green pass per accedere all’interno di un locale, dove probabilmente in estate saranno presenti pochissime persone, mentre invece all’esterno sono consentiti baccanali ed assembramenti che nella prassi non mi sembra siano contrastati e sanzionati in alcun modo. In realtà anche le verifiche sul possesso dei green pass all’interno dei locali appaiono sino ad ora piuttosto blande e limitate, purtroppo, ad isolate azioni dimostrative.

Il cielo di questa estate 2021, oltre ad essere coperto da una cappa di calore ed umidità che rende le nostri notti quasi insonni, appare avvolto in  uno spesso velo di ipocrisia, la stessa ipocrisia che all’inizio della pandemia spinse gli esponenti di governo nazionale e locale a negare l’evidenza di quanto di grave stava accadendo nel mondo globalizzato, per non rinunciare al rito dell’aperitivo serale ma anche per non arrestare la macchina produttiva e dei consumi del paese.      

E’ necessario abbandonare o limitare pertanto pertanto uno strumento come il green pass che è stato concepito – come detto in precedenza – allo scopo di facilitare e consentire il movimento delle persone in tempo di pandemia e che in una dannosa eterogenesi dei fini, nella sua  applicazione pratica, almeno nel nostro paese, crea numerose incongruenze e contraddizioni.

Squarciamo quindi questo velo e diciamo chiaramente che l’introduzione dell’obbligo vaccinale risulterebbe, nell’attuale fase della pandemia, senza dubbio più corretto e coerente con le finalità di tutela della salute pubblica.

Oltre a sgombrare il campo da ogni ipocrisia, un effetto non trascurabile dell’introduzione di un obbligo di vaccinazione consisterebbe nel trasferimento alla sfera pubblica della responsabilità e della gestione dei conflitti riconducibili al rifiuto di ricevere la vaccinazione. Sarebbe quindi limitata se non addirittura esclusa qualsiasi possibilità di discrezionalità o di arbitrio nell’applicazione delle prescrizioni di contenimento della diffusione del virus, conseguenza invece inevitabile demandando la gestione esclusivamente ai privati, gestori dei locali o datori di lavoro che siano.  

Significative sono le perplessità e le critiche che provengono dal mondo del lavoro e dei sindacati, basate sul fondato timore che la reazione quasi obbligata dei datori di lavoro – i quali hanno anche l’onere di tutelare la salute nei posti di lavoro – divenga occasione in molti casi anche di licenziamenti, demansionamenti, o messe in aspettativa  senza retribuzione. A tal riguardo il segretario della CGL Landini ha dichiarato di non essere “contro i vaccini” e che “proporrà al governo e alle imprese di fare una campagna informativa affinché le persone decidano autonomamente di vaccinarsi e di affrontare il tema“.

Quello che non può essere accettato – ha aggiunto il leader della Cgil in una intervista a Stasera Italia su Rete4 del 4 agosto 2021  – è far finta di non vedere quello che sta succedendo. È un anno e mezzo che siamo in pandemia e i lavoratori tutti, non vaccinati, hanno lavorato e portato avanti il Paese, rispettando le norme di sicurezza, quindi diciamo che queste forzature fatte in questo momento sono controproducenti“.

L’obbligo vaccinale è stato già ampiamente previsto nel nostro ordinamento e posto in ripetute occasioni al vaglio della giurisprudenza di merito e di legittimità nonché della Corte Costituzionale.

Il Decreto legge 7 giugno 2017 , n. 73, Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale, modificato dalla Legge di conversione 31 luglio 2017, n. 119, prevede numerose vaccinazioni obbligatorie per i minori di età compresa tra zero e sedici anni e per i minori stranieri non accompagnati. In generale, il rispetto degli obblighi vaccinali è un requisito per l’ammissione all’asilo nido e alle scuole dell’infanzia, mentre dalla scuola primaria in poi i bambini e i ragazzi possono accedere comunque a scuola e fare gli esami, ma – in caso non siano stati rispettati gli obblighi – viene attivato dalla Asl un percorso di recupero della vaccinazione ed è possibile incorrere in sanzioni amministrative da 100 a 500 euro. Sono esonerati dall’obbligo i bambini e i ragazzi già immunizzati a seguito di malattia naturale, e i bambini che presentano specifiche condizioni cliniche che rappresentano una controindicazione permanente o temporanea alle vaccinazioni.

Con l’art. 4 del Decreto Legge 44/2021, convertito con modificazioni dalla L. 28 maggio 2021, n. 76, è stato infine introdotto l’obbligo di vaccinazione per tutti gli esercenti le professioni sanitarie e  gli  operatori  di   interesse   sanitario.

Infine un brevissimo necessario cenno alla tutela in caso di danno da vaccinazione. Con la legge n. 210/1992 titolata “Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati”, è stato riconosciuto il diritto del paziente di vedersi corrispondere un indennizzo nel caso di danno permanente da vaccinazione.

L’indennizzo, a seguito di tre successivi interventi della Corte Costituzionale, risulta esteso anche ai casi di vaccinazioni non obbligatorie ma solo consigliate dalle autorità sanitarie.

Infatti sulla  legge 210/1992 si è espressa la Corte Costituzionale con sentenza 27/1998 nella quale ha osservato che “se il rilievo costituzionale della salute come interesse della collettività (art. 32 della Costituzione) giustifica l’imposizione per legge di trattamenti sanitari obbligatori, esso non postula il sacrifico della salute individuale a quella collettiva. Cosicché, ove tali trattamenti obbligatori comportino il rischio di conseguenze negative sulla salute di chi a essi è stato sottoposto, il dovere di solidarietà previsto dall’art. 2 della Costituzione impone alla collettività, e per essa allo Stato, di predisporre in suo favore i mezzi di una protezione specifica consistente in una “equa indennità”, fermo restando, ove ne realizzino i presupposti, il diritto al risarcimento del danno”.

Successivamente, sempre la Corte Costituzionale con sentenza n. 107/2012 ha precisato che “In un contesto di irrinunciabile solidarietà la misura indennitaria appare per se stessa destinata non tanto, come quella risarcitoria, a riparare un danno ingiusto, quanto piuttosto a compensare il sacrificio individuale ritenuto corrispondente a un vantaggio collettivo: sarebbe, infatti, irragionevole che la collettività possa, tramite gli organi competenti, imporre o anche solo sollecitare comportamenti diretti alla protezione della salute pubblica senza che essa poi non debba reciprocamente rispondere delle conseguenze pregiudizievoli per la salute di coloro che si sono uniformati”, ammettendo in questo modo l’indennità di cui alla legge 210/1992 anche nel caso di vaccini non obbligatori ma solo consigliati dalle autorità sanitarie.

Infine tale orientamento costante della Cassazione è stato più recentemente confermato con sentenza n. 118/2020.

A pensar male verrebbe da dire che l’obbligo vaccinale – come abbiamo detto già ampiamente ammesso e metabolizzato dal nostro ordinamento in termini di diritti, obblighi e responsabilità – non possa essere introdotto perché l’Italia non è in grado di mettere a disposizione  in breve tempo un numero sufficiente di dosi per tutti.

Dal “report vaccini” pubblicato nel sito del Governo italiano risulta infatti che in quasi tutte le regioni è stato somministrato piu del 95% delle dosi disponibili con una media nazionale attuale del 96,8%.

https://www.governo.it/it/cscovid19/report-vaccini/

La situazione è destinata a diventare ancor più critica quando, come purtroppo si legge da più fonti, saranno proposte la terza dose e poi eventualmente anche altre a seguire.

Vi sarebbe molto da dire sull’opportunità di moltiplicare il numero delle dosi nei paesi più ricchi con il terzo ed eventualmente ulteriori richiami in quanto, come dichiarato lo scorso 4 agosto da Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms, “non possiamo accettare che i Paesi che hanno già utilizzato la maggior parte delle forniture di vaccini ne usino ancora di più, mentre le popolazioni più vulnerabili del mondo rimangono non protette“.

https://www.agi.it/estero/news/2021-08-04/oms-contro-terza-dose-vaccino-ora-proteggere-paesi-poveri-13485371/

A pensar male si fa peccato e quindi limitiamoci a dire che la scelta di introdurre la vaccinazione obbligatoria contro il Covid-19 risulterebbe di certo estremamente impopolare tra una larga fetta della popolazione contraria o scettica rispetto al vaccino. Questa porzione consistente di italiani, a volte molto agguerriti e rumorosi, risulta composta prevalentemente da spaventati e no vax con varie sfumature di grigio; questa eterogenea fetta di umanità viene collocata artificiosamente all’interno dello stesso calderone dai perversi effetti della polarizzazione di cui i social sono artefici principali e dai numerosi errori fatti sin dall’inizio nella comunicazione da parte dei due governi che hanno gestito sino ad ora la pandemia.   

Ad esempio colpisce negativamente il ruolo marginale che è stato assegnato ai medici di base in tutte le fasi della pandemia. La funzione dei medici di base sarebbe stata fondamentale soprattutto con riferimento alla parte non ideologizzata del fronte contrario o restio alla vaccinazione, ovvero al grande gruppo degli spaventati. I medici di base conoscono infatti la situazione di salute dei propri pazienti ed hanno costruito nel tempo un dialogo ed un rapporto di fiducia; chi meglio di loro avrebbe potuto convincere e rassicurare gli indecisi e gli spaventati ? Si è invece preferito affidare il compito di convincere la popolazione a vaccinarsi, agli anatemi televisivi o social del virologo di turno, in perfetta coerenza con lo schema mainstream di mediatizzazione e spettacolarizzazione sistematica di qualsiasi aspetto della vita all’interno degli schemi algoritmici delle piattaforme informatiche.  

La scelta dei governi di puntare tutto sui vaccini è senza dubbio comoda e funzionale al mantenimento a regime della macchina produttiva e dei consumi ma appare profondamente e drammaticamente fragile. La variante delta del virus circola purtroppo anche tra i vaccinati (che non ne sono quindi immuni) e sono state rilevate altre varianti ancor più contagiose.

https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/biotech/2021/08/07/covid-ecco-le-mutazioni-che-rendono-molto-infettiva-la-variante-lambda-_548da52d-bd23-468f-a7f0-0f3f0c483aa6.html

Mentre la polemica sul green pass impazza, nessuno parla più dell’app di tracciamento Immuni che invece dovrebbe rappresentare un fondamentale strumento di contrasto alla diffusione del contagio. I tamponi sono diventati di facilissima reperibilità e soprattutto danno risultati in tempi ragionevolmente rapidi.

L’app Immuni dovrebbe essere resa anch’essa obbligatoria per legge. Per quale motivo questo non avviene ed addirittura sembra essere stata dimenticata dall’apparato di comunicazione del Governo ?

Nel Regno Unito dove l’app di tracciamento non è obbligatoria ma fortemente consigliata ed è stata ampiamente installata dai cittadini, il fenomeno del ping – ovvero della segnalazione di essere stati a contatto con un contagiato – ha svotato uffici, industrie e metropolitane, dimezzando lo stesso governo dopo il contagio del ministro della salute. Se osserviamo quanto è avvenuto nella patria europea del neoliberismo non possiamo fare a meno di rilevare che nel continente ed in Italia abbiamo superato gli inglesi nel culto del PIL a discapito della salute dei cittadini.

Essendo dimostrato che il virus contagia anche i vaccinati nonché possessori di green pass – seppur in maniera meno violenta almeno con le attuali varianti –  è evidente che quella adottata sia una strada sbagliata se non controproducente poiché il possesso del magico QR code, così come aver fatto le due dosi di vaccino, da’ un fallace senso di sicurezza rendendo ulteriormente fragile il sottile strato di ghiaccio sul quale si sta saltando imprudentemente. 

In assenza di misure che rendano obbligatorio per legge il vaccino, che puntino sul tracciamento attraverso l’app Immuni anch’essa da rendere obbligatoria e che almeno accompagnino l’uso del green pass, nonchè soprattutto di controlli seri sul rispetto delle misure di contenimento del contagio ed a salvaguardia della salute dei cittadini, ed infine ma non ultima, di una adeguata e capillare campagna informativa sui vaccini che coinvolga le unità di cura di base del nostro sistema sanitario nazionale – ovvero i medici di assistenza primaria – siamo destinati a finire nel precipizio.

Altrimenti solo il virus ci potrà graziare, decidendo un bel giorno di scomparire, chissà quando.  

Skip to content